Il traduttore giuridico è una figura professionale altamente specializzata nella traduzione di testi di argomento legale: documenti, sentenze, contratti e tutto ciò che richiede la conoscenza specifica del linguaggio giuridico, che è caratterizzato da un lessico formale e standardizzato e, in quanto tale, è appannaggio di professionisti del settore.
In effetti, in tale ambito, il linguaggio ha una funzione costitutiva, poiché la parola non si limita a descrivere una fattispecie giuridica, ma la costituisce.
Per il traduttore di testi legali, quindi, la fonte del linguaggio e della terminologia non è il vocabolario, ma la legge; ed è anche per questo motivo che, nella traduzione professionale di alto livello, attesa la prevalenza dell’intervento umano, i sistemi di traduzione assistita sono generalmente da evitare.
Ecco perché il traduttore giuridico è solitamente in possesso di una laurea in giurisprudenza o di una laurea in traduzione, nonché di un’esperienza comprovata nella traduzione di testi di carattere legale, posto che è essenziale la conoscenza dei sistemi giuridici dei Paesi a cui si deve far riferimento per la lingua di partenza e per quella d’arrivo, in quanto i relativi sistemi giuridici possono differire notevolmente l’uno dall’altro.
Pertanto, così come la conoscenza di una lingua straniera non è sufficiente a qualificare il traduttore professionista, a maggior ragione il traduttore giuridico deve assolutamente avere un’adeguata competenza giuridica, oltre a quella linguistica; sicché, non tutti i traduttori professionisti sono in grado di effettuare traduzioni legali.
Il traduttore giuridico ha il duplice compito di tradurre in una lingua diversa e tradurre in un sistema giuridico diverso. Ad esempio, nel contesto di una traduzione legale inglese – italiano, la differenza fondamentale è quella tra i rispettivi ordinamenti giuridici, vale a dire tra la Common Law anglosassone e la Civil Law italiana.
Pertanto, è essenziale che il traduttore eviti di cadere nella trappola dei “false friends“, quando traduce un concetto nel linguaggio di destinazione, dovendo perciò focalizzarsi sul significante, anziché sul significato. Spesso, infatti, il traduttore deve trasporre un negozio che, nell’ordinamento giuridico italiano, non esiste; in tal caso, per prassi comune, si lascia il nome in corsivo in lingua originaria, inserendo una nota per spiegarne il significato, sebbene la ‘nota del traduttore’ sia l’extrema ratio: il testo deve poter mantenere un ritmo e uno stile leggibile e coerente con quello originale.
È quindi necessario, per le traduzioni legali, rivolgersi a traduttori specializzati in tale àmbito, che siano dotati di una specifica formazione legale, in grado di comprendere non solo il significato, ma anche le difficoltà e i potenziali rischi di questa tipologia di testi.
La figura del traduttore giuridico sta assumendo una fondamentale importanza, a cagione della facilità con cui è attualmente possibile emigrare in un Paese straniero o aprire un business all’estero.
I grandi flussi migratori degli ultimi anni permettono di comprendere la crescente richiesta di figure professionali, che possano tradurre i documenti legali richiesti per gestire il necessario e conseguente iter burocratico.
Al traduttore giuridico può esser richiesto di tradurre verso la propria lingua passiva, anche se l’art. 10, comma 2, del Codice Deontologico dei Traduttori (https://aiti.org/it/associazione/codice-deontologico), dispone che: «Il traduttore lavora soltanto verso la lingua madre, la lingua di cultura o quella in cui ha una competenza equivalente comprovata».
Il succitato “dovere di competenza”, riassumibile nel dovere di tradurre solo verso la propria madrelingua, è applicabile in ogni caso, e la sua osservanza è generalmente imposta dalle migliori Agenzie Editoriali e di Traduzione.
Un discorso a parte merita la figura del traduttore giurato. La traduzione giurata, detta anche traduzione asseverata, si occupa principalmente della traduzione di documenti di uso comune, quali il certificato di nascita, la patente, i titoli di studio. In questo caso, il traduttore giurato può esser definito un consulente tecnico, poiché presenta traduzioni di documenti che dovranno poi esser certificate da un giudice.
In Italia, è possibile asseverare una traduzione presso la Cancelleria della Volontaria Giurisdizione di un Tribunale o quella di un Giudice di Pace, oppure dinanzi a un notaio.
Nell’Ordinamento Italiano, è “giurato” il traduttore che, facendosi carico di ogni responsabilità penale cui potrebbe andare incontro rilasciando false dichiarazioni, al cospetto dei summenzionati ufficiali, giura «di aver bene e fedelmente adempiuto alle operazioni affidate, al solo scopo di far conoscere la verità».
Dunque, egli presta giuramento circa la corrispondenza della traduzione all’atto in originale allegato.
Per poter esercitare in qualità di traduttore giurato, ciascuna circoscrizione giudiziaria prevede – o meno – l’iscrizione alla Camera di Commercio o all’Albo dei CTU del Tribunale.
Tra l’altro, sussistono notevoli e apodittiche differenze nella procedura tra le varie circoscrizioni giudiziarie, e persino fra un Tribunale e la propria sede distaccata: in alcuni Tribunali, è richiesta l’apposizione della marca da bollo per diritti di cancelleria, a differenza di quanto avviene in altri circondari; il conteggio del numero di pagine su cui apporre la marca da bollo viene effettuato secondo criteri diversi, in ragione del Tribunale a cui ci si rivolge; e, nell’ambito della stessa circoscrizione cittadina, può esser richiesto il pagamento dei diritti di cancelleria se si assevera in Tribunale, mentre lo stesso potrebbe non esser previsto per le asseverazioni presso gli Uffici del Giudice di Pace.
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